Quest'articolo è stato aggiornato il giorno: venerdì 29 ottobre, 2021
L'energia della batteria del nostro iPhone, si sa, non ci basta mai.
Più nuove funzionalità vengono aggiunte al dispositivo, e più siamo anzi invogliati ad usarlo, rendendo il consumo della batteria un bel problema, datosi che anche l'accumulatore più capiente del mondo, se usato in maniera intensiva, finisce comunque la carica.
Ed uno smartphone moderno, è croce e delizia degli utenti: permette di essere perennemente connessi ad amici, lavoro, notizie e dati più disparati, ma al contempo consuma molta, molta più energia rispetto ad un classico cellulare di un decennio (e passa) fa.
Il problema della durata dell'energia stoccata nella batteria, quindi, è sempre stato un po' una spina nel fianco non solo degli utenti Apple, ma di tutti gli utilizzatori di dispositivi mobili avanzati.
I produttori, azienda di Cupertino compresa, cercano perennemente di progettare dispositivi ottimizzati, per quanto possibile poco 'ingordi' di energia elettrica e con batterie sempre più capienti, ma è utopia sperare di vedere un super-telefono con una super-batteria ad energia perpetura.
Una generica batteria ha un'autonomia direttamente proporzionale all'uso che se ne fa; ecco che diventa quindi importante, per non dire fondamentale, l'interazione dell'utente.
Qui di seguito ci sono cinque buoni consigli per aiutarvi ad ottimizzare al meglio l'uso della vostra batteria.
Potrà sembrarvi banale e scontato, ma la buona efficienza della vostra batteria ai polimeri di litio, è legata principalmente a quanto la caricate, e con che frequenza.
Al contrario delle batterie al Ni-Cd oppure al Ni-MH, le batterie Li-ion o Li-Poly, hanno bisogno di esser caricate spesso e volentieri. E non solo quando la loro carica residua è prossima allo zero, anzi: queste particolari batterie, diventano instabili se la tensione totale delle celle scende oltre un certo valore. È per questo che tutte le batterie agli ioni di litio o ai polimeri di litio, incorporano svariati controller di sicurezza, che tengono sempre sotto controllo tensione e carica residua, ed aprono il circuito quando i valori cominciano a diventare pericolosi.
Il rischio, raro ma possibile, è che la batteria esploda.
Caricandola spesso, non solo si riduce il rischio di incidenti, ma anche il rendimento della batteria migliora.
Quindi, è bene caricarla ogni qual volta se ne ha la possibilità, anche se la carica residua è ancora alta: non c’è il rischio dell’effetto memoria, e la batteria renderà di più e meglio.
iPhone, di qualsiasi modello e fin dalla sua prima incarnazione, monta un (abbastanza) potente altoparlante integrato, che permette la fruizione dei contenuti audio anche senza auricolare, oltreché consentire le chiamate in vivavoce.
Come tutti gli altoparlanti, però, anche quello che monta iPhone deve necessariamente convertire il segnale elettrico in onde sonore, di una certa frequenza, ampiezza e lunghezza, ed ad una certa potenza. Tali parametri di conversione, devono oscillare entro certi valori, tali da poter essere apprezzati dai nostri timpani.
Esistono vari tipi di altoparlante, da quelli magnetodinamici a quelli piezoelettrici, ma tutti hanno comunque una caratteristica comune: convertono il flusso elettronico in una perturbazione acustica.
Teoricamente, gli altoparlanti dovrebbero essere dei dispositivi ideali (quindi, dovrebbero convertire al 100% l’energia), ma praticamente ciò non accade mai, e la conversione finale in onde sonore, è energicamente inferiore al totale che ha iniziato la reazione fisica.
Questo, è dovuto alla dispersione dell’energia, durante il passaggio dal segnale elettrico, all’onda sonora emessa.
Ovviamente, più potenza (in Watt) ha l’altoparlante, e più energia elettrica consuma, per convertire i segnali.
Usare sempre l’altoparlante a volume elevato, quindi, sia per sentire musica che per vedere film e/o video, drena di molto l’energia della vostra batteria.
iPhone, dal modello 3G in poi, ha integrate ben quattro antenne, ognuna col suo controller specifico (a volte, sono controller integrati): antenna Wi-Fi, antenna GSM/GPRS/EDGE/UMTS (anche LTE, da iPhone 5 in poi), antenna Bluetooth ed antenna GPS, per il puntamento satellitare.
Ora, sappiamo che qualsiasi tipo di antenna, sinteticamente, non è altro che un dipolo hertziano. Ovvero: trasduce segnali elettrici onde elettMilanognetiche, e viceversa.
Un po’ come gli altoparlanti, che però si occupano esclusivamente di convertire in segnale elettrico in perturbazioni sonore, le antenne invece convertono il segnale elettrico in perturbazioni dello spetto elettMilanognetico (i fotoni che compongono la luce, in poche parole).
Datosi che il fotone ha una doppia natura, sia corpuscolare che ondulatoria, crea quindi delle perturbazioni (onde) nello spazio-tempo dove si muove.
Queste onde, come qualsiasi altra perturbazione, hanno una certa ampiezza, una certa lunghezza, ed una certa frequenza.
Il nostro occhio, lo sappiamo, riesce a vedere solo una piccolissima parte di tutta la frequenza che un singolo fotone può ‘vibrare’, e la parte che vediamo è chiamata iride.
C’è però una parte di questa radiazione, a noi invisibile, che è usata ormai da oltre un secolo per scambiare informazioni: sono le onde radio, che sono usate correntemente in tutto il mondo come principale mezzo di propagazione, via etere, delle informazioni.
Come detto, iPhone ha quattro antenne, che inviano/ricevono onde radio su una particolare frequenza - o meglio, su intervalli di frequenze - con particolari onde portanti di particolari segnali.
L’antenna GSM/GPRS/EDGE/UMTS, ovviamente si occupa della ricezione/trasmissione di dati vocali (su rete cellulare GSM od anche CDMA), e di dati generici (per l’accesso all’Internet su reti GPRS/EDGE/UMTS/LTE); l’antenna Wi-Fi, si occupa della ricezione/trasmissioni dei dati su tecnologia Wi-Fi e protocollo standard 802.11b/g/n, che è usato prevalentemente per accedere a WLAN locali.
L’antenna Bluetooth è un vero e proprio ‘coltellino svizzero’, e serve per mettere in comunicazione in maniera rapidissima e veloce infiniti dispositivi, anche diversi tra di loro, creando un piccolo network personale, in gergo chiamato WPAN (Wireless Personal Area Network) del raggio di qualche metro.
Infine, l’antenna GPS invia e riceve dati per il posizionamento geografico, collegandosi ai 31 (attualmente) satelliti del network Global Position System.
Ciascuna di queste antenne, usa l’energia elettrica della batteria del vostro telefono per convertire i segnali elettrici in onde radio, ed inviare/ricevere quindi dati.
Detto ciò, il comportamento che l’utente deve tenere, per moderare il consumo della batteria, è conseguente.
Di default, iPhone necessita perennemente di qualche connessione all’Internet, e la ricerca in maniera prioritaria tramite Wi-Fi; se il Wi-Fi non è disponibile, oppure è disattivato, passa all’antenna 3G/LTE. Se anche qui non trova un accesso Internet, non stabilisce la connessione.
L’utente può disattivare a piacere sia l’antenna Wi-Fi, sia la connessione dati GSM, anche se ciò comporta l’impossibilità, per il telefono, di connettersi alla Rete.
Quindi, solitamente, una delle due connessioni deve essere disponibile.
Per l’antenna Bluetooth, la sua attività non è primaria. Ovvero: può anche essere disabilitata, a patto di rinunciare a farsi trovare dagli altri dispositivi compatibili.
Questo, è un vantaggio, datosi che, solitamente, l’utente ha bisogno di connettersi ad un generico dispositivo Bluetooth per un tempo stabilito, e non perennemente (si pensi, ad esempio, all’uso dell’auricolare, oppure di uno speaker esterno). Disattivare il Bluetooth quando non lo si deve usare è quindi un bel risparmio di energia.
Anche perché, per sua stessa progettazione, un network Bluetooth comunica continuamente la disponibilità di un dato dispositivo, con conseguente consumo elettrico.
L’antenna GPS, un po’ come il Bluetooth, è usata esclusivamente dalle applicazioni che necessitano di posizionamento satellitare.
Fino a qualche anno fa, la cosa era prevalentemente destinata ai navigatori d’auto, ma negli ultimi tempi, complice anche la moda dei social network di ‘geolocalizzare’ avvenimenti e foto, molte applicazioni ora richiedono un accesso all’antenna GPS.
Questo, porta inevitabilmente a consumare energia.
Si possono risolvere parzialmente (o totalmente, a seconda) i problemi, eliminando gli applicativi non utilizzati, oppure negandogli il permesso di accedere alla rete GPS.
Tutti questi comportamenti, necessitano ovviamente di mano umana.
Anche se il firmware di iPhone, o meglio il suo kernel, è abbastanza intelligente da capire cosa stia effettivamente utilizzando l’utente, minimizzando i consumi dell’antenna non attiva, rimane pur sempre un software: non fa miracoli, ma esegue algoritmi più o meno complessi.
Come è ben noto, fin dalla versione 3.0, iOS ha introdotto le notifiche push, per le applicazioni che vogliono utilizzare questa tecnologia, ormai ritenuta fondamentale nell’informatica per dispositivi mobili.
In pratica, sono delle notifiche (di qualsiasi genere), che una data applicazione riceve da un server dedicato, che ‘spinge’ (da qui il nome push) la notifica indipendentemente dalla richiesta stessa del client. In buona sostanza: sono dati inviati dal server in automatico, quando sussistono determinate e predisposte istruzioni.
L’esempio più lampante, sono le email che supportano la tecnologia push, oppure i messaggi ricevuti con un qualsiasi programma di messaggistica (Skype, Whatsapp).
Nel caso dell’email, un account push che comunica con un server push, riceverà in automatico la posta che il server gli invierà sul momento, senza richieste da parte dell’utente.
Ciò è molto comodo quando si condivide un account tra più dispositivi, o quando si vuole essere sempre reperibili, a prescindere dal controllo ‘manuale’ dell’account.
Per i programmi di messaggistica istantanea, i vantaggi sono ancora più evidenti: con le notifiche push dei messaggi, diventa possibile la comunicazione in tempo reale, rendendo (di fatto) SMS e MMS obsoleti.
Col tempo, le notifiche push son diventate così popolari e richieste, che ora svariate applicazioni, delle più disparate tecnologie, le utilizzano.
Ciò è stupendo, ma come tutte le cose nella vita, ha un prezzo: per ricevere notifiche push, il dispositivo deve ovviamente avere una connessione Internet attiva.
E, nondimeno, ciò rende necessario l’uso di un’antenna (che sia Wi-Fi che GSM), sempre pronta a ricevere dati.
Ciò consuma energia della batteria, per i motivi spiegati nel precedenti punto.
Ciò non vuol dire che le notifiche push debbano essere sempre disattivate: sono utili, in alcuni casi indispensabili, ma debbono essere usate con criterio.
Autorizzare applicazioni non necessarie, oppure frivole (od entrambe le cose) ad un uso smodato di tale tecnologia, è ovviamente uno spreco di energia.
Energia che è limitata.
Si sa che, per un noto motto di una nota marca di pneumatici, ‘la potenza è nulla senza controllo’.
Questo slogan può benissimo essere applicato all’informazione automatica e, nello specifico, alla CPU di un generico calcolatore.
La CPU è un circuito integrato sincrono, ovvero è composto da molti sotto-circuiti dedicati, che operano però come se fossero un unico componente, risolvendo calcoli secondo le istruzioni presenti nella RAM.
Il sincronismo di tutti i componenti della CPU è dato da uno specifico segnale elettrico, chiamato segnale di clock che, ad una certa frequenza, obbliga tutti i componenti a rimanere ‘al passo’ del componente più lento (nell'esecuzione). In altre parole: ad ogni ciclo di clock, vengono eseguite un certo numero di istruzioni, e solo dopo che l’ultima è stata eseguita, si può passare alla prossima.
Questo, tra le altre cose, è uno dei parametri della ‘velocità’ d’esecuzione di una CPU (in gergo, errato comunque, è spesso sinonimo di ‘potenza').
La CPU è un componente attivo, quindi, anzi è IL componente attivo per antonomasia: senza l’unità di calcolo, sarebbe impossibile far funzionare nulla.
Però, come qualsiasi calcolatore, anche la CPU più potente al mondo sarebbe abbastanza inutile senza adeguate istruzioni, che le dicano cosa deve fare, quando lo deve fare e come lo deve fare.
Le istruzioni le dà la memoria principale, ovvero la RAM che, a sua volta, le ha prese da un altro componente essenziale di un calcolatore moderno: il Sistema Operativo.
Ovviamente, a monte di tutto, c’è l’utente con la sua volontà: un generico OS, difatti, per quanto avanzato, necessita delle istruzioni che la parte umana vuole comunicargli.
Tutto questo ‘passaggio di istruzioni’ (e quindi, necessariamente, informazioni), permette il calcolo elettronico, che è appunto automatizzato.
La CPU, con tutti i componenti hardware che gestisce, viene quindi controllata sempre dall’OS, o meglio, per essere più precisi: dal kernel dell’OS.
Il kernel (‘nucleo’, in italiano) è il cuore pulsante di qualsiasi Sistema Operativo: fornisce l’accesso sicuro e protetto delle risorse hardware attive ai processi. Ovvero: è la parte del software che decide, parlando di hardware, cosa è disponibile, quando è disponibile e per chi è disponibile.
Considerando che la CPU esegue sempre, dal momento in cui viene attivata sino a quando il calcolatore si spegne, un ciclo ben definito (bootstrap, fetch, operand assemby ed execute), e che esegue questo ciclo perennemente, sempre alla massima velocità possibile, diventa chiaro che uno degli effetti collaterali è un consumo elettrico considerevole. Ed anche un calore considerevole, per effetto Joule.
Un buon firmware, quindi, con un buon kernel, deve assolutamente ottimizzare il consumo di corrente governando la CPU nel migliore dei modi: evitando accessi ridondanti in primis, gestendo in maniera corretta il multitasking, e le applicazioni inattive in background.
Gli ingegneri della Apple, come anche i loro colleghi di altre compagnie, lavorano costantemente per migliorare il software principale di iPhone, iPad ed iPod Touch. Ad ogni nuova versione, cercano sistematicamente di ottimizzare le risorse hardware.
Datosi che un qualsiasi OS è un software scritto con milioni di righe di codice, qualche bug spesso e volentieri ci scappa; anche con un debugger perfetto (che non esiste, comunque), gli errori possono capitare, ed il Sistema ne risente.
Ad ogni nuovo aggiornamento, quindi, gli ingegneri cercano di limare questi errori, per rendere l’OS sempre più affidabile.
Molti utenti, magari a digiuno di nozioni basilari di informatica, storcono la bocca davanti alle nuove versioni degli OS, e questo per mille motivi (la maggior parte dei quali, puramente personali): perché hanno cambiato l’interfaccia grafica, perché hanno levato una preferenza od una funzione che magari era molto usata, per un software di terze parti incompatibile, per tanti altri motivi.
Questo, può generare una riluttanza ad eseguire un aggiornamento importante, facendo distrarre dai motivi veri (e validi) per cui invece quell’aggiornamento andrebbe proprio fatto.
Uno di questi motivi, è proprio l’ottimizzazione del Sistema, ed il relativo beneficio energetico che la cosa apporta.
Nel linguaggio dell'informatica, un'applicazione (o programma), recentemente abbreviata col neologismo di app, non è altro che una serie di istruzioni chiare e non ambigue che risolvono una classe di problemi.
In pratica: sono le indicazioni di cosa deve effettivamente calcolare il processore, quando lo deve fare e come lo deve fare.
L'obiettivo finale di qualsiasi applicazione è fornire dati elaborati secondo i dettami di chi ha scritto il programma, e a fruizione di chi, invece, quel programma lo ha eseguito (l'utente finale).
Ogni applicazione, quindi, è strettamente specializzata per eseguire specifici calcoli, tramite complessi algoritmi, per fornire una serie di soluzioni ai problemi più disparati: fogli di testo, ritocco immagini, giochi e passatempi, riproduzione di video, database, ecc ecc.
La programmazione non ha virtualmente confini: è dipesa esclusivamente dalla volontà e dal desiderio umano di risolvere determinati problemi.
Ogni applicativo è scritto in un particolare linguaggio di programmazione, e poi compilato affinché una particolare CPU riesca a decifrarlo; solitamente, i porgrammatori sono soliti scrivere il loro codice secondo standard ed abitudini consolidate nel tempo e divenute default, compresa quella di dividere il codice in righe, per facilitarne la stesura e la comprensione.
Più un programma è complesso, e più righe di codice avrà il suo sorgente.
Datosi che l'errore è degli uomini e che, statisticamente, all'aumentare delle righe di programmazione aumenta anche la probabilità d'errore (bug, in gergo tecnico), lo sviluppo di una buona app è dipeso non solo da quello che, in effetti, l'app riesce a fare, ma anche da come e quanto bene è scritta.
Non è difatti raro che anche ottime applicazioni abbiano svariati bug nel codice, che possono creare problemi in fase d'utilizzo.
App mal scritte, oltre a funzionare male, obbligano la CPU ad un sovra-lavoro, che può essere molto dispendioso a livello energetico.
Oppure, applicazioni scritte anche in maniera impeccabile, comunque richiedono una potenza di calcolo considerevole per essere eseguite, impegnando la CPU al massimo delle sue potenzialità.
È il caso, ad esempio, dei navigatori satellitari montati sui nostri iPhone ed iPad: sono applicazioni che calcolano in tempo reale la posizione del dispositivo, usando la trilaterazione o la triangolazione satellitare, e macinano grandi quantità di dati ogni momento, visualizzando sul display complesse mappe vettoriali (ovvero, puri calcoli matematici, che la CPU è costretta ad eseguire sul momento).
Per il noto e rinomato effetto Joule, il passaggio di elettroni su di un conduttore comporta sempre un aumento di calore, e anche la CPU non è esente dal fatto: più calcoli deve fare per ogni ciclo, più elettroni deve far passare attraverso i transistor ed i diodi che compongono le sue porte logiche.
Ne consegue un surriscaldamento del dispositivo, ed un considerevole aumento del fabbisogno energetico.
Ecco quindi che usare le giuste applicazioni, e soprattutto quelle di cui veramente si ha bisogno, diventa una giusta scelta per minimizzare il consumo non necessario di energia della batteria.
Da iOS 9, iPhone ha un'utile funzione di risparmio energetico della batteria, selezionabile a piacere dall'utente nelle impostazioni del dispositivo: tale funzionalità, quando attivata, riduce al minimo tutte le attività non essenziali della CPU (posta e notifiche push in primis), per ottimizzare l'energia dell'accumulatore.
Dalla settima versione in poi, in iOS è stato implementato un sistema di riconoscimento dei cavi con tecnologia lightning utilizzati dall'utente.
Cavi non certificati da Apple e non provvisti di un particolare chip di controllo specifico non vengono ricosciuti dal Sistema, e possono quindi causare malfunzionamenti in fase di carica/trasferimento dati o, nella stragrande maggioranza dei casi, possono non funzionare del tutto.
Il motivo di ciò è serio: in passato, ci sono stati molti incidenti, con esplosioni e relativi utenti feriti, causati da cavi e caricabatterie di non idonea qualità.
Dove per 'non idonea qualità' ci si riferisce a componenti prodotti a bassissimo costo, senza nessun controllo qualitativo, neppure a campione.
Per evitare ulteriori problemi, quindi, Apple ha deciso, da iOS 7 in poi, di eliminare la compatibilità dei suoi dispositivi con cavi non certificati.
Un cavo certificato da Apple è chiamato MFI (acronimo di "made for iPhone") ed assicura la piena compatibilità del componente con il dispositivo a cui è collegato.
Apple, al contrario di quello che molti pensano, non vi costringe a comperare esclusivamente i suoi cavi originali (peraltro molto costosi): anzi, incoraggia le aziende produttrici di accessori a costruirne sempre di più per i propri dispositivi, in modo tale da soddisfare la domanda ed aumentare la compatibilità e la popolarità di iPhone, iPod ed iPad.
Molte aziende producono cavi ed accessori certificati MFI, che costano significativamente di meno di quelli Apple, ma non sono a loro inferiori.
La scelta è veramente ampia, ed i prezzi alla portata di tutti: è possibile trovare ottimi cavi lightning certificati Apple MFI per meno di € 10,00.
Non ha quindi davvero senso comperare cavi non certificati per risparmiare uno o due Euro: si corre il rischio di creare seri danni al dispositivo, come cortocircuiti e pericolosi sbalzi di tensione.
La batteria ai polimeri di Litio del vostro iPhone è un componente molto delicato, poiché controllato da molti circuiti integrati specifici: usare un cavo od un caricabatterie non idoneo e non certificato può causare danni anche irreparabili, sia all'accumulatore che al dispositivo stesso.
Evitatelo.
Ogni batteria ricaricabile ha un certo numero di cicli di carica e scarica in cui può essere utilizzata, dopodiché deve essere sostituita.
Solitamente, una batteria ai polimeri di litio (Li-Poly) garantisce un utilizzo della stessa per circa 700-1000 cicli prima del suo necessario smaltimento.
Quando una batteria si approssima alla sua fine, l'utente sperimenta tutti i sintomi dell'imminente morte: durata (a parità d'utilizzo) molto bassa, eccessivo calore disperso dal telefono, spegnimenti e riavii improvvisi, indicatore di carica residua impazzito.
Una batteria esausta, a parte gli ovvi svantaggi in fase d'utilizzo, può compromettere l'integrità dei delicati circuiti interni dell'iPhone: gli accumulatori prossimi allo smaltimento sono più soggetti a sotto-tensioni, con conseguente possibile rigonfiamento e danneggiamento irreversibile.
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